Riporto un intervento di una giovane volontaria dell' ANPI in occasione della liberazione di Forlì il 9 novembre inviatomi dal nostro concittadino Zino Tamburrino.
Credo di essermi iscritta all'ANPI
perché non ne potevo più. Non ne potevo più del disagio sociale
nel quale sono cresciuta, dell'assenza dilagante di valori morali,
dell'assenza di speranza. Viviamo in un clima di terrore, nel quale
rincorriamo una giustizia che non esiste, dove gli ultimi saranno gli
ultimi, se i primi sono irraggiungibili come cantava Frankie Hi NRG
in una meravigliosa canzone di qualche anno fa. Mi sono guardata
intorno per anni, mentre cercavo di dire "BASTA" a voce
alta, partecipando a manifestazioni piccole e grandi, organizzate da
partiti politici, sindacati, associazioni; mi guardavo intorno alla
ricerca di qualcuno che parlasse la mia lingua e sempre, quando
c'erano diritti da difendere, mi imbattevo in qualche Partigiano che
orgogliosamente sventolava una bandiera dell'ANPI o ne indossava il
fazzoletto. Io non ho mai avuto e non ho tuttora tessere di partito,
perché i partiti mi sembrano più interessati a trovare un leader e
a stravolgere la Costituzione piuttosto che a proteggere la
democrazia del Paese e favorirne la crescita. Io invece credo che la
risposta non sia la proclamazione di un leader ma lo sviluppo del
pensiero critico in ogni individuo, affinché le diversità di ognuno
siano la risorsa con la quale costruire quella rivoluzione in grado
di ridare alla mia generazione (e soprattutto a quelle che verranno)
la voglia di futuro che ci manca. Non credo possa esistere
rivoluzione senza antifascismo, perciò, da maggio 2012, sono
iscritta all'ANPI, alla sezione di Bertinoro, perché voglio
contribuire a cambiare le cose.
Se cerchiamo su un dizionario il
significato della parola "antifascismo" non troviamo che
questa definizione: "movimento di opposizione al fascismo";
in realtà ci sono parole che rendono meglio l'idea, come quelle di
Calamandrei: << La Resistenza alla fine li spazzò via; ma non
bisogna oggi considerar quell’epilogo soltanto come la cacciata
dello straniero. Quella vittoria non fu soltanto vittoria contro gli
invasori di fuori: fu vittoria contro gli oppressori, contro gli
invasori di dentro. Perché, sì, veramente, il fascismo fu
un’invasione che veniva dal di dentro, un prevalere temporaneo di
qualche cosa di bestiale che si era annidato o si era ridestato
dentro di noi: e la Liberazione fu veramente come la crisi acuta di
un morbo che finalmente si spezzava dentro il nostro petto, come lo
strappo risoluto con cui il popolo italiano riuscì con le sue stesse
mani a svellere dal suo cuore un groviglio di serpi, che per venti
anni l’aveva soffocato. Vittoria contro noi stessi: aver ritrovato
dentro noi stessi la dignità dell’uomo. Questo fu il significato
morale della Resistenza: questa fu la fiamma miracolosa della
Resistenza. Aver riscoperto la dignità dell’uomo, e la universale
indivisibilità di essa: questa scoperta della indivisibilità della
libertà e della pace, per cui la lotta di un popolo per la sua
liberazione è insieme lotta per la liberazione di tutti i popoli
dalla schiavitù del denaro e del terrore, questo sentimento della
uguaglianza morale di ogni creatura umana, qualunque sia la sua
nazione o la sua religione o il colore della sua pelle, questo è
l’apporto più prezioso e più fecondo di cui ci ha arricchito la
Resistenza. >> Oggi commemoriamo la Liberazione di Forlì dal
nazifascismo e credo che non ci siano parole migliori di quelle di
Calamandrei per ricordare l'immensa gratitudine che dobbiamo ai
Partigiani, ai Patrioti, alle donne, che non furono solo staffette e
informatrici ma anche combattenti ardite e valorose. Permettetemi di
parlare col cuore e condividere con voi un desiderio che è mio ma
che forse abbiamo in tanti: sarebbe bello che nel 2014, anno del 70°
della Liberazione della nostra provincia, riuscissimo a celebrare
degnamente non solo la Liberazione di Forlì ma anche finalmente
quella di Predappio, affinché, piano piano, il 28 ottobre sia per
tutti l'anniversario della Liberazione di Predappio e resti quello
della marcia su Roma solo nei ricordi appannati di qualche nostalgico
(o magari anche nessuno); potremmo anche rispolverare l'idea della
marcia antifascista su Predappio che purtroppo quest'anno è rimasta
solo un'idea ma sarebbe invece una meravigliosa occasione per rendere
finalmente giustizia ai Partigiani e ridare speranza a tutte le
persone oneste che anche oggi, nel loro piccolo, resistono. Mi
piacerebbe che il sindaco di Forlì e anche il sindaco di Predappio
Frassineti, che hanno collaborato come membri del comitato
scientifico che ha curato l'allestimento della mostra sul giovane
Mussolini a Predappio, collaborassero anche per rendere possibile la
celebrazione della Liberazione di Predappio. Oggi è il 9 novembre
2013: segniamoci questa data perché oggi di restituire il 28 ottobre
a chi se lo è meritato con la lotta ne riparliamo ufficialmente e da
qui al 28 ottobre 2014 c'è tutto il tempo per organizzarci, chiedere
i permessi alla questura e coinvolgere le forze antifasciste che per
fortuna nella nostra provincia sono numerose. Se non riusciremo vorrà
dire che qualcuno non avrà voluto che riuscissimo e allora quel
qualcuno dovrà darne conto. Darne conto all'ANPI, certamente, poiché
questa materia è molto cara a tutti noi e al nostro Presidente
Sarpieri, ma soprattutto ai Partigiani di Predappio che, potendo
liberare la loro città giorni prima, vollero aspettare proprio il
28/10, per liberarla due volte e non una volta sola. Vorrei
concludere con questa riflessione: se non avremo il coraggio di
celebrare questa ricorrenza, vorrà dire che consideriamo
l'antifascismo come un vestito, da sfoggiare con orgoglio in certe
occasioni e nascondere nell'armadio in altre. Invece noi dell'ANPI
siamo convinti che l'antifascismo uno debba avere il coraggio di
praticarlo e di difenderlo sempre. Oppure non dovrebbe nemmeno
nominarlo. Grazie a tutti voi per avermi ascoltato.
Mirella Menghetti giovane volontaria
dell'ANPI Forlì/Cesena